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Proseguendo nell'analisi di questo fenomeno abitativo ci si può affidare alla classificazione operata da Francesco Chiodelli nel dimostrare l'appartenenza del cohousing alle comunità contrattuali che spiega:

"Carattere stabile delle diverse esperienze di cohousing è l'insistenza sulla progettazione partecipata, ovvero sul coinvolgimento dei futuri residenti in tutte le fasi del processo di ideazione e definizione della struttura fisica ed organizzativa della comunità. I gradi e le modalità di questa partecipazione sono tuttavia diversi a seconda dei casi e dei contesti (culturali ed istituzionali) di insediamento, schematicamente riconducibili a tre tipi".

Partecipazione totale: "I residenti gestiscono in modo autonomo tutti gli aspetti della costruzione della comunità, servendosi all'occorrenza di consulenze specializzate, ma assumendo su di sé, in linea generale, ogni singolo passaggio del processo, da quello di reclutamento a quello produttivo". Questa scelta di progettazione e realizzazione è più diffusa nelle comunità rurali a causa delle avversità e dei lunghi tempi di costruzione che comporta, come abbiamo potuto vedere nel progetto Den Selvforsynende Landsby a Vester Skerninge (Danimarca), nome che dal danese si traduce in villaggio auto-sostenibile. Qui, una volta acquistato il lotto di terreno già predisposto per la costruzione (rete elettrica, fognaria e gas), è compito del nuovo arrivato progettare e decidere il metodo e le tecniche di costruzione, dalle case di paglia e argilla a quelle di legno piuttosto che in pietra. Uno dei limiti di questa scelta è la durata dei lavori, che si può protrarre dai due ai quattro anni per la sola edificazione. Nonostante ciò, questa difficoltà ha permesso ai membri della comunità di rafforzare la coesione del gruppo e di acquisire le capacità necessarie per il restauro e la manutenzione degli spazi comuni. In merito a queste dinamiche lo stesso Chiodelli avverte che "questo modello originario (ancora preponderante nel contesto europeo) è stato progressivamente affiancato, soprattutto nella realtà anglosassone, da altre tipologie di gestione che prevedono il coinvolgimento diretto di developers."

Questa tendenza è comprensibile a causa delle difficoltà che i gruppi incontrano sopratutto nei contesti urbani. Partnership "In questo tipo di approccio viene previsto un qualche grado di coinvolgimento diretto di un developer, specialmente nel processo di produzione, al fine di ridurre l'impegno dei residenti in termini di tempo e rischio finanziario". Questa modalità è quella preponderante nei cohousing, olandesi come danesi, visitati nella nostra ricerca: sia nei casi di costruzione da zero che di recupero e modifica di una struttura già esistente i gruppi promotori si sono affidati a compagnie edilizie per il supporto e la realizzazione del loro progetto. Uno dei problemi nella loro realizzazione è la riluttanza dei developers, come è stato sottolineato e come successe a Munksøgård, a impegnarsi in progetti con gruppi di futuri residenti che spesso hanno richieste difficili da conciliare o troppo innovative per i costruttori. Nella comunità sopracitata a Roskilde, ad esempio, il primo costruttore che vinse l'asta non gradiva alcune delle soluzioni ecologiche richieste e per questo fu rimpiazzato con un altro imprenditore che mostrò di accettare le idee e i valori espressi dalla comunità. Questo tipo di costruzione di cohousing, aggiunge Chiodelli, comporta vantaggi anche per i developers per quanto riguarda la riduzione del rischio connesso all'investimento: la maggior parte delle unità residenziali sono già state vendute prima dell'inizio della costruzione e spesso la dimensione dei progetti è limitata.

Developer-led "Il processo è avviato e preso in carico da uno sviluppatore immobiliare, che gestisce la attività di costruzione della comunità secondo modalità top-down, in cui la partecipazione dei residenti è normalmente limitata alla fase di definizione sociale, valoriale ed organizzativa della comunità"16. L'adozione di questo modello è abbastanza limitato nel contesto europeo ma ha avuto recente diffusione in Italia con le iniziative promosse da Cohousing.it che, come è spiegato in "Cohousing e condomini solidali"17: "propone una soluzione 'chiavi in mano' con prezzi poco al di sotto di quelli di mercato e una possibilità di partecipazione al processo decisionale molto limitata. Il vantaggio è quello di una notevole riduzione dei tempi di realizzazione, il rischio invece è quello di espropriare il fenomeno cohousing del carattere di autogestione e di proposta alternativa alla logica speculativa del mercato immobiliare."

Da: Giacomo Cazzola, Costruire una comunità, tesi di laurea